Al pranzo organizzato dal circolo Pd Gratosoglio il giovane consigliere regionale ha raccontato la sua esperienza a bordo della nave Karma, la carcerazione in Palestina e i suoi timori per il futuro della Palestina

Il mondo è arrivato a Gratosoglio al pranzo democratico sold out del 12 ottobre alla comunità Oklahoma onlus. Protagonista assoluto dell’evento il consigliere regionale Paolo Romano, uno dei 4 lombardi che hanno partecipato alla Global Sumud Flotilla, a bordo delle barche della delegazione italiana salpata da Genova il 31 agosto.
Il consigliere Romano, 29 anni, era a bordo della nave Karma della flotilla, fermata illegalmente al largo di Gaza lo scorso 1° ottobre; liberato e tornato a Milano il 5 ottobre, ha testimoniato sui giorni di navigazione, di prigionia da parte dell’Idf che li ha costretti a dormire in 20 in una cella da 8, con fessure strettissime per il ricambio d’aria e sottoposti a violenze. Ad ascoltarlo oltre quaranta persone, tra questi il segretario metropolitano Pd Alessandro Capelli, l’assessore comunale Marco Granelli, i consiglieri comunali Federico Bottelli e Natascia Tosoni, il presidente Natale Carapellese e diversi consiglieri del Municipio 5.

Oggi non cadono più le bombe, ma il futuro è drammatico
«Voi sapete che se siamo tornati indietro è grazie a voi, grazie a quelle piazze – ha detto Paolo con commozione –. L’unica cosa decente oggi è che a Gaza non cadono più bombe, le persone a Gaza hanno festeggiato solo quello. Il post evento sarà drammatico, perché decidono i poteri economici forti e sono molto preoccupato che una volta rilasciati gli ostaggi, si riprenda, con una provocazione, a trucidare bambini e civili innocenti.
Mantenere alta l’attenzione su Gaza
«La mobilitazione straordinaria che abbiamo iniziato dal 22 settembre, non sarà finita fino a quando non avremo la certezza che il processo di pace – che non è il piano Trump –, venga messo in atto. Saranno mesi lunghi, in cui dovremo fare la cosa più difficile per l’Occidente di oggi: non abbassare l’attenzione e non passare al prossimo tema, perché sappiamo come funziona, lo sappiamo anche con le elezioni, con le battaglie politiche che facciamo… Si parla per due mesi di salario minimo, poi non se ne parla più, poi si parla per due mesi di sanità, poi non se ne parla più, poi si parla per due mesi di Gaza, poi non se ne parla più. Questo può voler dire firmare la fine del popolo palestinese, quindi lo sforzo che dobbiamo fare è di non smettere mai di parlarne, di scendere in piazza, perché l’Italia è il paese che si è mobilitato di più al mondo ed è per questo che i Gazawi hanno le nostre bandiere. Dobbiamo contare sulla nostra comunità democratica, che ha avuto il coraggio di essere sia in quelle piazze che su quella flottilla, con i propri valori e con la propria identità. Sono profondamente orgoglioso di essere stato su quella barca a nome del Partito Democratico, dei Giovani Democratici, con il pieno supporto di tutta l’Italia; e finalmente in quelle manifestazioni ci riconoscono e ci danno credibilità per il nostro impegno».

I rapporti con la Comunità ebraica a Milano
«La Comunità ebraica non è Israele e noi non dobbiamo avere nessun tipo di diffidenza né di distanza che si basi sulla religione o sulla provenienza geografica. Chiaramente è molto difficile dialogare con chi continua a ritenere che Israele sia nel giusto, che quello che ha fatto sia accettabile o addirittura neghi la verità dicendo che non c’è stato il massacro di Gaza in questi due anni. Questo non ha nulla a che fare con l’appartenenza alla Comunità ebraica o meno.
Vogliamo riconosciuta la verità, punire i responsabili e costruire un percorso di pace in cui tutte le persone, al di là del passaporto che hanno, abbiano il diritto di essere liberi, felici e gli stessi diritti. C’è un pezzo di comunità ebraica a Milano che ha deciso di prendere posizioni molto violente, accusando di antisemitismo chi semplicemente testimoniava il genocidio a Gaza.
Io prendo le distanze da questa accusa. Sono salito sui treni della Memoria, sono stato a Birkenau, ho raccontato ai miei ragazzi scout cosa fosse la Shoah: il più grande genocidio della storia dell’umanità e ho scortato decine di volte la Brigata ebraica il 25 aprile insieme al Partito Democratico, quindi non posso essere tacciato di antisemitismo né può essere la mia comunità del Partito Democratico a esserlo. A chi strumentalizza in quel modo l’appartenenza alla Comunità ebraica, semplicemente per difendere il genocidio di Netanyahu, quelle persone non hanno la mia simpatia e non l’avranno mai».
