Liturgia laica metropolitana nei sotterranei del Passante di Porta Vittoria con la compagnia teatrale La Dual Band

Un’esperienza musicale e spirituale intensa – Siamo nei riti della Settimana Santa, la ricorrenza più importante per il mondo cristiano. La compagnia teatrale La Dual Band li ha anticipati (domenica 24 marzo, pomeriggio) con una liturgia laica metropolitana lungo i corridoi sotterranei del Passante di Porta Vittoria, in viale Molise, attorno al loro Teatro. Vestiti come i passeggeri che transitano nel labirinto dei passaggi metropolitani, con zainetto e giacche a cappuccio, quattro cantanti (Micol Pisanu, Giulia Taccagni, Lorenzo Bonomi, Beniamino Borciani) e alcuni attori (Benedetta Borciani, Lucrezia Piazzolla, Anna Zapparoli) hanno cantato e recitato la Passione secondo Matteo di Bach, in tedesco. La musica sacra più bella mai scritta, di certo la più straziante (venne eseguita la prima volta alla Thomaskirche di Lipsia l’11 aprile 1727). L’hanno prosciugata, quest’opera monumentale per la complessità della struttura e della durata, tenendo le parti essenziali per il racconto e la coerenza musicale, concentrando l’orchestra in 2 soli strumenti: il violino (suonato da Cesare Zanfini Ferraresi) e il pianoforte (alla tastiera Mario Borciiani) montato su una piccola pedana in legno con le rotelle. Evidenziando la drammatica teatralità del testo, vissuta nei gesti, negli spostamenti, mentre Il pubblico cammina con loro, lungo i corridoi desertificati, abbagliati da luci fredde, vere e proprie stazioni della via crucis mentre rumori stridenti di treni e avvisi ai viaggiatori segnano l’ambiente, il quotidiano che preme, insensibile al senso del sacro, alla bellezza. Fino a quei lunghissimi secondi di silenzio assoluto, dopo le parole di Matteo: “E Gesù, emesso un alto grido, spirò”. Poi il coro riprende, annuncia l’apertura del sepolcro vuoto, l’attrice che interpreta il figlio di Dio fatto uomo, corre via dalle scale verso l’uscita, verso la luce, con la kefiah annodata al collo, con lo zainetto rosso (indossato a simbolo del mantello di Re dei Giudei) come un ragazzo d’oggi.

Un assoluto di emozione. Immersi in una duplice immensità: della musica bachiana e quella altrettanto forte del senso del sacro. Reso ancora più intensa dallo stridente e al tempo stesso magnifico contrasto. Da una parte la sconvolgente partitura di Bach e del testo in tedesco e dall’altra l’abbandono (il degrado) di un non luogo per definizione, il passante ferroviario. Personalmente mi sono commossa come non mi era mai capitato. Mai avevo vissuto tanto a fondo la potenza di Bach e quella di una storia di uomo che viene calpestato e deriso, e crocefisso (Pier Paolo Pasolini ne farà la colonna sonora del suo film Accattone, accostamento che all’epoca fece molto discutere i critici musicali). Non ero la sola. Mai vista tanta gente con gli occhi lucidi.

Bravissimi i solisti dotati anche di una perfetta pronuncia tedesca. Una laude speciale alla Dual Band che ne ha saputo fare una rappresentazione religiosa e laica insieme. Arte vera, sconvolgente e quotidiana. E per farlo non ha bisogno di nulla, né costumi né scene, basta un semplice tavolino con sopra una pagnotta di pane e una bottiglia di vino per l’Ultima cena, e un secchio di plastica azzurro, di quelli per pulire i pavimenti, ricolmo d’acqua, per immaginare l’aceto che viene dato da bere a Cristo, sulla croce, fissato su una canna.

La Dual Band

“Qualcuno ha detto che siamo il primo teatro al mondo in un metrò; che siamo “anima nascosta di Milano” certo è che Il Cielo sotto Milano è un po’ magico; e la sua magia scende dalla sua posizione, dal suo essere un crocevia di vite”, ci racconta Anna Zapparoli. Drammaturga e regista, nel 1997 ha fondato i Dual Band insieme a Mario Borciani (compositore e pianista). In collaborazione con Artepassante (che da dieci anni riqualifica gli spazi vuoti delle stazioni assegnandoli ad artisti e teatranti), ha poi trasformato uno spazio del Passante di Porta Vittoria di viale Molise nel Cielo sotto Milano: un teatro da 94 posti e una fucina di creatività, in un territorio “di frontiera” fra i due linguaggi del teatro e della musica, in seguito a un felice incontro con un gruppo di cantori del Coro di voci bianche della Scala. “ Appena entrati l’abbiamo sentita, questa magia del Passante. il Passante, la persona che passa. Lo vediamo passare dalle vetrate che abbracciano tre lati del nostro spazio: passa di corsa per acchiappare il treno, passa tranquillo e curioso, passa a coppie, coi bambini, coi telefonini, coi cani, le valigie, le biciclette, i fiori del mercato ortofrutticolo. E qualche volta rimane affascinato da quel che vede accadere attraverso le grandi vetrate. Le porte sono aperte. “Ma che cosa fate qui?” “Teatro, musica…” Resta a vedere le prove, torna a vedere lo spettacolo. Nelle stazioni siamo sempre provvisori, transitori, passeggeri appunto. Nelle stazioni, noi non esistiamo, non abbiamo un nome, nessuno ci conosce, nessuno sa perché siamo lì, se stiamo arrivando, o se stiamo partendo, se stiamo aspettando qualcuno che arriva, o se c’è qualcuno che ci sta aspettando. Il teatro come una chiesa laica può far ritrovare alle persone il senso di essere comunità”.

La Dual Band nel Cielo Sotto Milano 

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