Frammenti d’India, mostra fotografica di Antonio Auricchio all’Abbazia di Chiaravalle

L’iniziativa culturale è promossa dalla Fondazione Grana Padano, le stampe delle foto sono acquistabili e il ricavato sarà donato al Mother Teresa Center di Roma

Fino al 1° ottobre prossimo è possibile visitare presso l’Abbazia di Chiaravalle la mostra fotografica Frammenti d’India, personale di Antonio Auricchio, autore non professionista, ma con alle spalle 12 mostre e 4 libri fotografici, raccolti in oltre 100 viaggi in giro per il mondo, in particolare in Africa e India.

Nella cappella di San Bernardo dell’abbazia, insieme ai suggestivi affreschi rinascimentali, sono esposte 23 foto di grande impatto emotivo, che trasportano il visitatore direttamente nel grande paese asiatico, evidenziando «soprattutto due aspetti dell’universo indiano – spiega Auricchio – l’India che scompare con le popolazioni del Nagaland e dell’Arunachal Pradesh, e l’India dell’induismo».

Dottor Auricchio, lei ha una lunga carriera da fotografo, perché una mostra sull’India e perché qui a Chiaravalle?

«L’Abbazia di Chiaravalle e l’India sono luoghi che hanno in comune una straordinaria bellezza e, seppur nelle diversità, una grande spiritualità. Abbiamo pensato che potessero stare bene insieme, sia dal punto di vista culturale che filantropico. Non a caso, con la Fondazione Grana Padano che ha promosso la mostra, abbiamo deciso di devolvere il ricavato della vendita delle stampe delle foto al Mother Teresa Center di Roma».

Nelle fotografie esposte l’attenzione è tutte sulle persone e le situazioni che vivono. Come mai?

«Non è stata una scelta estetica, panorami e vedute indiani sono in realtà bellissimi, ma con Frammenti d’India il mio obiettivo era raccontare la dimensione umana dell’india e condividere con chi vede le mie fotografie le emozioni che ho provato incontrando questo straordinario e multiforme popolo. In questi scatti ho cercato sempre di far emergere l’uomo, la sua positività e bellezza, nonostante le difficoltà e i dolori che la vita ti può riservare».

Le foto esposte hanno tutte una luce molto particolare, anche nell’oscurità.

«Sono un fotografo analogico, che usa da anni una Leica. Per le foto esposte, che ho scattato nel 2010, ho usato però per la prima volta il digitale. Questo mi ha consentito di scattare fotografie con contrasti luminosi inusuali e con pochissima luce. Immagini che con una macchina analogica non sarei riuscito a produrre. Ma al di là dell’aspetto prettamente tecnico, il digitale mi ha permesso di far emergere aspetti della realtà, antropologici, religiosi e filosofici per esempio, che altrimenti avrei perso».

Cosa cerca e cosa prova quando scatta una foto?

«Cerco emozioni. Io ci arrivo entrando in empatia con i soggetti che voglio fotografare. Non ho mai fretta, non voglio essere un violentatore di immagini, ma faccio sempre in modo di essere accolto, l’immagine che cerco mi deve essere, in un certo senso, regalata e con essa l’emozione che si nasconde in un incontro».

Qual è lo spirito con cui fotografa e si sente di consigliarlo agli amanti della fotografia, che come lei lo fanno per passione?

«Ho iniziato a fotografare quando ero ragazzino, principalmente tramonti e paesaggi lungo il Po e l’Adda. Poi un amico di famiglia mi ha portato con sé nei suoi viaggi ed è iniziata la mia esperienza di fotografo in giro per il mondo. La svolta è avvenuta quando ho conosciuto e sono diventato amico del grande fotografo Gianni Barengo Gardin, che mi ha insegnato moltissimo, soprattutto come si fotografano le persone. Il mio consiglio a un giovane fotografo è di avere pazienza, di cercare costantemente la propria dimensione artistica e aver voglia sempre di sperimentare e poi approfondire, perché il mondo della fotografia è ricchissimo e si impara sempre. Le foto nascono nella testa».


L’autore descrive alcuni suoi scatti

Le foto di Antonio Auricchio

«Questa foto è stata scattata nell’Uttarakhand, una regione nel nord dell’India, in occasione della festa religiosa Kumbh Mela, dove accorrono i santoni, come i sadhu, che nella foto hanno la pelle colorata. Io ero entrato nella tenda per vedere il sadhu che è in secondo piano, molto autorevole, che non ho avuto il coraggio di fotografare per rispetto, perché aveva mezzo volto sfigurato. Lo scatto immortala il momento in cui il sadhu, dopo un primo momento di ostilità, scherza con me mostrandomi le sue doti di fumatore».

«Qui siamo alle pendici delle montagne, nel nord dell’India. Il santone ritratto, inglese di nascita, in un primo momento non voleva darmi retta e non voleva essere fotografato. Poi parlando con lui si aperto e mi ha detto che volava lui come un’aquila nel cielo. Lo scatto ferma un momento in cui sbatte in mantello come se fossero ali».

«Le particolarità di questa foto, che sembra essere composta da due scatti, sono a mio parere la successione dei tre ambienti, i diversi piani di luce, i colori delle due stanze, magenta e azzurro. Caratteristiche che danno a questo ambiente, che si trovava nella regione dell’Uttar Pradesh, una dimensione quasi metafisica».

«Queste due foto sono state possibili perché scattate con una macchina digitale e raccontano di un momento di raccoglimento religioso lungo un fiume dell’India, con quelle persone in primo piano che pongono dei lumini sull’acqua. Le ritengo delle foto fortemente suggestive, in cui le luci illuminano volti e templi, come avrebbe fatto un pittore del Cinquecento».

«Siamo nel nord dell’India, nella regione dell’Assam. Mi sono fermato a fare questa foto, attratto prima da questo tessuto così elegante, che mi ricordava un dipinto di un pittore medievale che avevo visto a Cremona, in cui c’era una donna che si proteggeva con un velo dallo sguardo di alcuni soldati. Poi sono stato colpito dalla ragazza che sembra timidamente aspettare e dal contrasto tra l’eleganza del drappo e della ragazza con la casa in bambù, tipica di questi luoghi, abitati da persine di etnia Mising»


La mostra

Dove e quando

La mostra Frammenti d’India, organizzata dalla Fondazione Grana Padano ETS, con il patrocinio del Comune di Milano, Municipio 5, all’Abbazia di Chiaravalle (via Sant’Arialdo 102, Milano) resterà aperta fino al 1° ottobre 2023, da venerdì a domenica (venerdì 10:30-12:30/15:00-18:00 — sabato e domenica 10:00-13:30 /14:30-18:30). Ingresso gratuito.

1 Responses

  1. Un incontro intenso con una persona che coinvolge con aneddoti affascinanti e fotografie speciali.
    Sono rimasto totalmente ammaliato dalla ricerca degli sguardi nei soggetti scelti per gli scatti.

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