The Gentlemen: ‘american action comedy’, in rigoroso stile British 

Chi ha già avuto modo in passato di conoscere e prendere confidenza con la Cinematografia di Guy Ritchie, sa benissimo che il regista britannico ha saputo sfoggiare i suoi colpi migliori proprio quando ha raccontato l’Inghilterra a modo suo. Non certo con “superproduzioni” o “blockbuster” di respiro internazionale, che sono stati perlopiù dettati da esigenza di portafoglio che di una vera continuità di linea creativa e stilistica.
Memorabile quindi l’esordio di Lock & Stock e il secondo Snatch. Sempre all’insegna di un genere assolutamente personale chiamato action-comedy con largo spazio a dei cast non altisonanti, ma ben assortiti, macchiettismi e situazioni davvero British da invogliare lo spettatore a farsi un giro al pub. Questo è il cinema senza troppe pretese di Guy Ritchie che ci propone una serie ideata come spin-off da un altro suo lungometraggio fortunato del 2019 intitolato The Gentlemen e allora interpretato da Matthew McConaughey.

In questa trasposizione del 2024 però cambiano completamente i protagonisti, nonostante location e ambientazioni siano praticamente le stesse. Spazio ad attori emergenti o volti meno noti come i protagonisti Theo James, Kaya Scodelaro e Daniel Ings, che si accompagnano a vecchie conoscenze del cinema inglese come il grande Vinnie Jones, anche in questo caso impegnato in un ruolo secondario, ma di grande raffinatezza ed equilibrio.

Una volta stabilita la squadra scelta da Ritchie, “The Gentlemen” colpisce per un soggetto e una sceneggiatura di otto puntate che hanno una ritmica fin troppo sostenuta e densa di avvenimenti e imprevisti, che rischiano quasi di ubriacare lo spettatore. Ma una cosa è certa. La noia non è un problema né un rischio per un Guy Ritchie che sembra sempre strizzare l’occhio al cinema americano d’azione, mantenendo però ben salda la propria visione rigorosamente British.

Non a caso comincia questo lungo delirio nelle campagne inglesi e in una residenza nobiliare dove Eddie Horniman, giovane rampollo, eredita la stessa tenuta del padre defunto e il titolo di Duca di Halstead. Fin qui nulla di strano. Peccato però scoprire che l’origine di tanta fortuna e patrimoni sparsi fossero il frutto di una collaborazione segreta fra il padre e una “rete” di spacciatori di cannabis.
E a complicare il gioco ci pensa anche il fratello Freddy, scommettitore e tossicodipendente decisamente incapace di assumersi qualche responsabilità nonostante fra i due fratelli sia proprio lui il “maggiore”.

Malavita British

Riusciranno i nostri eroi ma soprattutto il neo “Duca di Halstead” a ripristinare la tranquillità familiare e raggiungere il pieno controllo di una situazione sfuggita di mano già in partenza? O sarà lui stesso vittima del fascino irresistibile della Malavita British?

Non male quindi come quesito per un contesto di gioco e per una sceneggiatura che non si presenta come un semplice esercizio di stile ma, al contrario, si adatta bene alle velocità di visione e di fruizione per il pubblico di Netflix che molto spesso vuole arrivare subito al sodo di un enigma o di un conflitto senza girarci troppo intorno.

Riuscendo oltretutto a strappare un sorriso e qualche risata come nei precedenti lavori, ma adesso con una consapevolezza di Ritchie che decide di adattare la sua regia secondo i gusti e le pretese di un pubblico decisamente diverso dagli esordi negli anni ‘90. Questo va specificato.

Quindi se siete in cerca di ambientazioni oltremanica con peripezie fra il grottesco e il noir e qualche momento di svago, la scelta giusta è infiltrarsi in questa malavita fatta di veri e finti gentiluomini per coglierne sfumature e tratti di personalità magari indimenticabili.
A voi la scelta.

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