Naga Har cambia casa e va al Villaggio Barona

È il centro diurno dedicato a richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura che dai confini con Corsico si trasferisce sotto i portici di via Ettore Ponti 21

Il Naga Har (har in arabo significa caldo), nato nel 2001, è uno spazio dedicato a richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura, pensato come luogo di socializzazione dove superare i traumi provocati dalla violenza subita e in cui ricostruire un equilibrio.
Il centro diurno aveva la sede nella scuola di via S. Colombano, ai confini con Corsico. Il Comune di Milano non ha rinnovato il contratto. Grazie a un bando di Fondazione Cassoni e al sostegno di Fondazione di Comunità Milano, è stato trovato uno spazio, anche se più ridotto, 250 mq anziché 400, sotto i portici di via Ettore Ponti 21 al Villaggio Barona, dove già sono presenti diverse attività di sostegno alle persone fragili che operano sul territorio.

Chiediamo al volontario Stefano Vuanello, quali sono le caratteristiche del centro?

«Nel corso degli anni ci siamo sforzati di armonizzare il concetto di “casa” con le esigenze più burocratiche dell’iter per la richiesta d’asilo. Da 22 anni Naga Har opera per offrire un centro diurno dove gli ospiti possano “ripartire” per un secondo viaggio, dopo quello interminabile e pericoloso partito dal loro Paese e approdato in Italia, per inserirsi nel tessuto sociale di Milano».

In cosa consiste il vostro lavoro di sportello?

«Anzitutto, attraverso le nostre postazioni aiutiamo a espletare le operazioni per accedere alla procedura di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato e che, negli ultimi anni, è diventata estremamente complessa. Quindi raccogliamo le storie personali dei richiedenti protezione e li prepariamo all’audizione presso la commissione territoriale che deciderà se la persona possa ottenere il diritto di rimanere sul territorio italiano. In caso di risposta negativa seguiamo i ricorsi con i nostri avvocati. In caso di necessità forniamo assistenza medica per gli irregolari. Grazie anche alla collaborazione con le parrocchie, cerchiamo soluzioni abitative e di inserimento nei centri d’accoglienza, mentre per la ricerca di lavoro offriamo percorsi di orientamento».

Svolgete anche attività sociali?

«L’arrivo al centro prevede un’accoglienza “familiare”con una tazza di tè e biscotti e la possibilità di guardare la TV al caldo, in compagnia, in un ambiente accogliente. Molte persone vivono all’aperto, nella città, senza una sistemazione. Organizziamo diverse attività, tra cui la storica squadra di calcio multietnica e ogni anno promuoviamo un torneo in memoria di Italo Siena fondatore del Naga e di Naga Har. Abbiamo aperto una scuola di italiano strutturata su più livelli che punta a portare allievi e allieve al conseguimento di un’attestazione ufficiale. Siamo circa una quarantina tra volontari e volontarie che si alternano attualmente dal martedì al sabato dalle 14.30 alle 18.30 per tutto l’anno, mentre il sabato sono aperti i laboratori d’arte».

Da quali Paesi provengono le persone che ospitate? 

«Trascorrere un pomeriggio al centro Naga Har è come fare il giro del mondo. Le persone arrivano da noi a ondate, attualmente molti peruviani, lo scorso anno gli egiziani, due anni fa i cinesi.  Delle circa 150 mila persone che sono sbarcate in Italia, la maggior parte è andata in nord Europa. Noi abbiamo persone che arrivano da Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka, Afghanistan, Africa Occidentale. Egitto, Marocco. Ne arrivano anche con la rotta balcanica dal sud Italia a Milano, che è un po’ un crocevia di passaggio. Al Naga Har, che è l’unico in Italia, arrivano attualmente 30-40 rifugiati al giorno.» 

Per approfondire: e-mail: har@naga.it telefono: 02.3925466      Naga-Har  

  

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