27 gennaio, Giornata della Memoria, riflessioni per un buon uso della storia

Dalla Fondazione Gariwo approfondimenti e riflessioni sulle parole giuste con Marcello Flores su “Genocidio, crimine di guerra, apartheid”

Il 27 gennaio del 1945 il campo di concentramento e sterminio di Auschwitz fu liberato da un reparto ucraino dell’Armata rossa: “Erano quattro soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. […] Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il Giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono”. Sono parole di Primo Levi, prigioniero nel lager e testimone della Shoah, raccolte anni dopo ne La tregua (1963).

Proprio il 27 gennaio si celebra ogni anno la Giornata della Memoria, istituita dalla Nazioni Unite nel gennaio 2000 per commemorare le vittime dell’Olocausto. Da allora, le innumerevoli iniziative pubbliche e nelle scuole, tra cui testimonianze dei sopravvissuti, conferenze, viaggi ad Auschwitz, film e documentari, visite ai memoriali della Shoah e ai Giardini dei Giusti e, negli ultimi anni, la posa di pietre d’inciampo, hanno contribuito a creare una maggiore coscienza della tragedia della Shoah e consapevolezza della natura del Male.

Quest’anno, di fronte a quanto sta accadendo a Gaza,  alle “sconcertanti scelte sociali e militari della politica israeliana, in particolare dopo le terrificanti violenze terroriste di Hamas del 7 ottobre 2023″ come scrive Enrico Manera, studioso e docente, il Giorno delle Memoria vedrà incrociarsi e sovrapporsi “il discorso sulla memoria del genocidio operato dai nazisti nella Seconda guerra mondiale e la critica verso Israele, stato democratico governato da una destra radicale, responsabile del massacro di migliaia di civili palestinesi e di una costante violazione dei diritti umani”. 

Vittime e carnefici?

In questi ultimi mesi si è diffusa l’espressione “le vittime che diventano carnefici”: un’espressione “da respingere integralmente in quanto la responsabilità di omicidi, atrocità, stermini – e la responsabilità in generale – è individuale, non ereditaria“, spiega Carlo Greppi su GariwoMag. Non esistono colpe collettive o punizioni collettive.

Il Giorno della Memoria quest’anno rischia, pertanto, di vedere in contrapposizione le celebrazioni in ricordo delle vittime della Shoah e le manifestazioni a favore dei civili palestinesi e contro Israele.

Riteniamo quindi utile proporre alcuni articoli pubblicati da Gariwo per una necessaria riflessione sul linguaggio e sull’uso improprio e ingannevole che viene fatto dei termini “Genocidio”, “Apartheid”, “Nazismo”, “Fascismo”. Termini che usati fuori dal loro contesto storico, creano confusione e non aiutano a capire la specificità di quello che accadde allora e quello che sta accadendo oggi. Così non ha senso omologare la Shoah, il genocidio preparato a tavolino tra il 1935-1945 di ebrei, rom, gay e malati psichiatrici, alle stragi e alle violenze sulle popolazioni civili palestinesi da parte di Israele.

LA MEMORIA DI UN GIORNO? di Francesco M. Cataluccio

PER UN BUON USO DELLA STORIA. INTORNO AL GIORNO DELLA MEMORIA di Carlo Greppi

Il dossier LE TAPPE DELL’ODIO. Analisi comparata su alcuni dei principali genocidi del XX secolo

Nel dossier, Alessandra Colarizi, Tatjana Đorđević, Anna Foa, Françoise Kankindi e Pietro Kuciukian raccontano le tappe dell’odio che hanno portato ai diversi genocidi (armeni, ebrei, Cambogia, Ruanda, Srebrenica), cercando di capire in che modo le parole e le azioni di politici, media e persone comuni hanno forgiato i sentimenti d’odio che hanno condotto al male estremo.

IL GENOCIDIO di Marcello Flores Il Mulino, 2021

L’opera è essenziale per “analizzare le analogie tra i genocidi senza cadere nella trappola dell’appiattimento delle differenze”. Flores parte dal neologismo coniato nel dopoguerra dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin; prosegue con il Tribunale Russell fondato nel 1966 che fece emergere grandi tragedie contemporanee (dall’Argentina all’Eritrea, da Timor Est al Guatemala) e con i Genocides Studies (sui genocidi avvenuti prima e dopo della Shoah, come a Srebrenica e in Ruanda); ripercorre quindi la storia dello Statuto di Roma e della Corte penale dell’Aia ( il trattato non fu ratificato da 32 paesi, tra cui Israele, Russia e Usa, mentre  Russia, Usa e Cina, membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU, non aderirono alla Corte penale internazionale). Lo storico si addentra, quindi, nell’analisi sui livelli di negazionismo, sulla questione del colonialismo e sul concetto di intenzionalità, sulla necessità di monitoraggio e prevenzione di nuovi casi di violenza partendo dal contrasto all’hate speech.

Gariwo, la foresta dei Giusti

Le attività della Fondazione Gariwo (Gardens of the Righteous Worldwide) iniziano a Milano nel 1999 con l’impegno di far conoscere i Giusti. Secondo il pensiero dei fondatori, “la memoria del Bene” può essere non solo un potente strumento educativo che educa alla responsabilità personale, ma può servire a prevenire genocidi e crimini contro l’Umanità. Nel 2003, insieme al Comune di Milano, crea il primo Giardino dei Giusti di tutto il mondo nel parco del Monte Stella. Da allora ne sono stati creati in ogni parte del mondo.

Intervista a Marcello Flores. “Genocidio, crimine di guerra, apartheid: riflessioni sulle parole giuste”, gennaio 2024.

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