Parlano i genitori di Ramy: «Al Corvetto uno spazio per i ragazzi»

I genitori di Ramy. Yehia e Farida Elgaml, il giorno della consegna del Panettone d’Oro. Con loro, sulla sinistra, Aly Harhash, rappresentante della comunità egiziana a Milano.

Ricevuto il premio alla virtù civica del Panettone d’oro, papà Yehia e mamma Farida attendono gli esiti delle indagini e chiedono che in ricordo del figlio siano create opportunità per i giovani

di Stefano Ferri e Alberto Sanna

I genitori di Ramy. Yehia e Farida Elgaml, il giorno della consegna del Panettone d’Oro. Con loro, sulla sinistra, Aly Harhash, rappresentante della comunità egiziana a Milano.
I genitori di Ramy. Yehia e Farida Elgaml, il giorno della consegna del Panettone d’Oro. Con loro, sulla sinistra, Aly Harhash, rappresentante della comunità egiziana a Milano.

Ci accolgono nel piccolo alloggio popolare nel cuore del Corvetto, dove sono rimasti in tre: papà Yehia, mamma Farida e il figlio Tarek. Qui viveva anche Ramy fino il 24 novembre scorso quando, dopo un lungo inseguimento per le vie di Milano, è morto all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. Con l’unica colpa di essere salito a bordo di una moto, alla cui guida c’era un coetaneo che non si è fermato all’alt del Carabinieri. Sono passati oltre due mesi da quella data, ma in ogni angolo della casa di questa famiglia di origine egiziana è ancora fortissima la presenza di Ramy.

Le sue foto, i manifesti, le maglie delle squadre di calcio per le quali tifava appese alle pareti, le sue cose e anche il suo letto rifatto lo ricordano in ogni momento. Anche nei volti e nello stato di salute dei genitori il segno lasciato dalla tragedia è palese, come è forte la speranza di dare un senso a quanto accaduto. «Ho sempre lavorato per dare ai miei figli un futuro – ci confida il padre Yehia – Ma il futuro di Ramy è stato spezzato, non dobbiamo lasciare che il suo ricordo svanisca: Ramy merita di essere ricordato per quello che era: un ragazzo pieno di speranza, non solo un nome legato a una tragedia». La volontà più volte espressa dai genitori è creare un’eredità positiva per la comunità, che lo ricordi. «Ne abbiamo parlato anche al sindaco Sala e al presidente Fontana». Nel quartiere c’è già un murales dedicato ai bambini, realizza- to da un’associazione. «Possiamo fare lo stesso per Ramy, un murales, qualcosa che resti, che racconti la sua storia». C’è anche l’idea di una targa commemorativa, continua il padre: «Vicino al luogo della sua morte. Un vaso con i fiori. Un piccolo segno per ricordarlo».

Le mensola dei ricordi casa di Ramy.
Lo spazio dei ricordi della famiglia Elgaml.

Un dolore composto e un netto rifiuto alla violenza che ha portato il l’8 febbraio scorso Yehia e Farida sul palco del Teatro Parenti, per ricevere il Panettone d’Oro, il premio alla Virtù civica assegnato dal coordinamento dei comitati cittadini milanesi.

Quali sono state le emozioni che avete provato in quell’occasione?

«Abbiamo provato una grandissima emozione, non per noi, ma per Ramy, che è ancora con noi, la sua memoria è sempre accesa e questo ci consola. Molte persone si sono avvicinate a noi e ci hanno stretto la mano. Il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia e il generale dei Carabinieri Pierluigi Solazzo ci hanno fatto le condoglianze. Hanno parlato con noi con rispetto, hanno detto che gli dispiaceva, che erano vicino a noi. Questo gesto è importante».

Il padre di Ramy con il generale dei Carabinieri Perluigi Solazzo.
Il padre di Ramy con il generale dei Carabinieri Perluigi Solazzo.

Il prefetto vi ha ringraziato per il vostro equilibrio e forza, mostrati in un frangente così tragico.

«La violenza e i casini infangano Ramy, che era un bravo ragazzo. Le manifestazioni per chiedere verità e giustizia vanno bene, ma devono essere sempre pacifiche e senza violenza. Bisogna rispettare la legge italiana. Dopo la morte di Ramy persone infiltrate, cattive, hanno scaldato gli animi e fatto casini. La manifestazione al Corvetto fatta dopo è stata pacifica. Abbiamo parlato con i ragazzi ed è stata una bella fiaccolata in ricordo di Ramy, per chiedere giustizia, con candele, canti e preghiere. Questo non cancella il nostro dolore ma noi non cerchiamo vendetta».

Avete fiducia nella giustizia?

«Sì, al cento per cento. Abbiamo fiducia nei giudici, in tutto il Governo italiano e nelle forze dell’ordine. Quella notte non tutti i carabinieri hanno fatto bene il loro lavoro, ma questo non vale per tutti: i carabinieri assicurano la sicurezza di tutta la città».

Nei giorni seguenti avete chiesto uno spazio al Corvetto che ricordi Ramy.

«In questa zona ci sono tanti spazi vuoti. Se ce ne danno uno, anche in affitto, lo mettiamo a posto e lo diamo ai giovani. Così si radunano, si incontrano, si parlano, si guardano in faccia, si ascoltano. Perché ci sono tanti problemi. Uno spazio per fare musica e divertirsi, dove anche imparare l’italiano, un lavoro e stare lontano dalla strada. Bisogna trovargli opportunità sul serio, ma non solo parole».

Il padre di Ramy con il premio alla Virtù civica Panettone d'oro.
Il padre di Ramy con il premio alla Virtù civica Panettone d’oro.

Viene fatto abbastanza per i giovani?

«Deve essere fatto di più. I ragazzi del quartiere non sono ascoltati».

Che spiegazione si è dato del perché Ramy quella maledetta notte era su quella moto?

«Mi hanno raccontato che erano a una festa di compleanno, hanno passato una bella serata ed era tutto a posto, doveva tornare a casa e ha chiesto un passaggio alla persona sbagliata. Ramy non c’entra, perché stava dietro, non guidava. Cosa è successo lo diranno i giudici. L’unica cosa che posso dire io è che abbiamo perso un figlio di 19 anni, che aveva studiato e non aveva mai fatto niente di male: lavorava come elettricista, giocava a calcio nei Diavoli rossi all’Oratorio della Madonna della Medaglia Miracolosa e sognava di diventare un calciatore».

2 Responses

  1. Bella intervista. Ti informo in via riservata che sto organozzando 1 evento il 9 maggio allo spazio Fontana uno spettacolo interculturale dal titolo: insieme a Ramy.
    Ne parliamo

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