“Barona curiosa” è un racconto per immagini che Francesco Mezzotera, educatore professionale presso la Cooperativa Cascina Bianca con la passione per l’arte (ormai suo secondo lavoro), ha presentato di recente presso la Cooperativa Barona E. Satta, accompagnato da intermezzi musicali dell’arpista Elisa Torretta. Dieci anni fa Mezzotera aprì un blog raccoglitore di mille storie e curiosità dei quartieri milanesi e di alcuni comuni dell’hinterland illustrate da numerosissime immagini che durante gli incontri proietta accompagnando la narrazione a mo’ di passeggiata (il prossimo si terrà a Cesano Boscone a settembre).
Le cascine
La Barona è caratterizzata, più che da vicoli stretti e antichi, dalle numerose cascine che popolavano questo angolo di campagna alle porte di Milano, nonché dalle tante fornaci che trasformavano l’abbondante argilla presente nel terreno in mattoni per l’edilizia. Curioso è il nome Barona che rimanda a una nobile signora, forse residente dalle parti di Cascina Barona tra le vie Biella, Zumbini e Simone Martini. Ma che potrebbe derivare da bar (fiume in lingua celtica): la zona in effetti è intersecata da corsi d’acqua naturali (risorgive) e artificiali (fontanili).
Sul territorio, non lontano dalla fermata Famagosta M2, furono trovati dei resti di mammut, indice di popolamento già a partire da quattro milioni di anni fa. L’uomo invece vi fece la sua comparsa nell’età del bronzo (attorno al 2000 a.C.): nei pressi della ormai demolita Cascina Ranza (sempre a due passi dalla fermata Romolo M2) sono state trovate delle armi in bronzo appartenute probabilmente a una tribù ligure, i cui reperti sono custoditi al Museo archeologico di Milano.
La Resistenza della Barona
Tra i protagonisti della Resistenza della Barona si distinse il partigiano Ettore Satta. Catturato nel 1944 dai nazi-fascisti con destinazione Auschwitz, mentre si trovava sul vagone merci gli fu scaraventato addosso una donna. Non poteva credeva ai suoi occhi: era sua moglie Bianca Colla che aveva implorato i soldati di deportarla insieme al marito, forse per non rimanere sola a Milano a piangere la morte dei due figli. Entrambi riuscirono, non si sa come, a scappare dall’inferno del lager e a ritornare in Barona dove continuarono la loro lotta. Una targa in via Lago di Nemi 4 ricorda il partigiano Satta e a lui è intitolata la Cooperativa di via Modica 8.
Il dopoguerra
Dopo la guerra, il quartiere fu toccato da diversi delitti a stampo mafioso e da attentati durante gli anni piombo. Emblematica la storia di Andrea Campagna al quale è stato intitolato il parco Teramo: agente ventiquattrenne della Digos, fu ucciso dai Proletari Armati per il Comunismo, reo semplicemente di essere stato ripreso dalle telecamere durante l’arresto di alcuni sospettati (risultati poi estranei ai fatti) dell’omicidio di Pierluigi Torregiani.
A partire dal 1946 la Barona fu tentata dall’avventura hollywoodiana in concorrenza con la romana Cinecittà. In quegli anni infatti furono fondati gli studi ICET di via Pestalozzi 18, a due passi dalla chiesa di S. Cristoforo: un teatro di posa dove vennero girate le scene d’interno di alcuni film famosi, tra cui “Miracolo a Milano” di Vittorio De Sica e “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti. L’impresa terminò nel 1965 con lo spostamento della sede a Cologno Monzese rilevata poi dalla Fininvest nel 1983. L’area purtroppo risulta tuttora abbandonata.
Molto meglio una camminata rilassante tra le strade di campagna del quartiere: lo consiglia il nostro appassionato di arte, per godere di cascine, mulini, fornaci, case di ringhiera, osterie e chiesette. Fra queste la Cascina Battivacco, ex monastero, che ha preservato la vocazione agricola, pur orientandosi verso logiche di mercato attuali, con alloggi, spaccio di loro prodotti e attività ludico educative per bambini. Di fronte a questa cascina se ne apre un’altra dal nome curioso: Colomberotto. Un nome che pare derivi dalla badessa Colomba che viveva alla Battivacco. L’edificio ristrutturato oggi è un bel condominio campestre.
La casa di ringhiera di via Bardolino 30 era la Cascina Molino Doppio. Chiamata così per la presenza di due ruote da macina per i lavori del mulino. Nel XIX secolo venne trasformato in una filanda che occupava 125 operai: sfruttando il movimento delle ruote dell’ex mulino giravano i macchinari dell’opificio. Ai primi del Novecento gli edifici furono trasformati in case di ringhiera: la curiosità è che gli abitanti ereditarono il telefono dell’azienda, che rimase nel cortile a loro disposizione!
Di fronte alla Cascina Molino Doppio si apre una strada che fino al 1960 portava alla Fornace San Marcaccio (via Bardolino 31) produttrice di gran parte dei mattoni utilizzati per edificare buona parte del quartiere. Non lontano dal Mulino della Pace si erge su un terrapieno un gioiellino della Barona: la chiesetta di San Marchetto (via San Marchetto 7), una struttura religiosa molto antica, probabilmente del XIII secolo. Da qui il nome delle vicine cascine: San Marco, San Marchetto e San Marcaccio.
A pochi passi dalla fermata Famagosta M2 è possibile ammirare la Cascina Monterobbio, che prende il nome da Mons Rubur, monte quercia: un dosso coperto da un bosco di querce, sacro sin dai tempi dei Celti a Venere e Mercurio e teatro di sacrifici rituali pagani. Il Comune di Milano, proprietario della struttura e dei suoi immensi terreni, finora ha puntellato la cascina, per frenare i crolli. Recentemente il Municipio 6 l’ha inserita nel PGT con dei bandi specifici e frazionamenti, ma finora i bandi sono andati a vuoto, per gli alti costi di ristrutturazione o forse per speculazione. Il fatto che al piano nobile ci siano degli affreschi attribuiti a Francesco Hayez genera una forte preoccupazione.
In via Giuseppe Cottolengo 40 ci sono i resti dell’antica Cascina Varesina (per via dell’origine del suo vecchio proprietario) e di Cascina Varesinetta. Purtroppo, di queste cascine è rimasta solo la cappella, sede dell’atelier della Fornace Curti di via Tobagi 8, un luogo davvero magico: da ben 600 anni la famiglia Curti ha al suo attivo creazioni in terracotta, porcellane e ceramiche! La sede storica era presso l’attuale via De Amicis e solo nei primi anni del XX secolo si spostò in Barona, a pochi passi dalla fonte della loro materia prima: l’argilla. Accanto alla vecchia cascina nel tempo furono edificati i corpi utilizzati per le attività della fornace, tuttora in uso. A oggi l’intera struttura ospita una ventina di studi artistici e di fotografi d’arte, visitabili ogni anno in occasione dell’apertura straordinaria durante il penultimo fine settimana di maggio, 20 e 21.
In Barona ci sono anche edifici realizzati in anni recenti che attirano la curiosità di molti visitatori: il Barrio’s in Piazza Donne Partigiane, il Villaggio Barona, case per soggetti economicamente e socialmente svantaggiati, l’Università IULM, l’arca del Gruppo CAP in via Rimini, il Superstudio Maxi in via Moncucco. Il quartiere, come Milano, si trasforma di continuo e di continuo lo si riscopre.
Riferimenti: http://milanocuriosa.blogspot.com