Per un detenuto imparare a fare informazione significa poter pensare, scrivere, comunicare… Contribuendo così allo sviluppo di una coscienza critica
Cosa intendiamo con ‘giornalisti diversamente liberi’? Parliamo dei detenuti della Casa di Reclusione di Milano-Opera, dove il giornalista e saggista Stefano Natoli svolge attività di volontariato dal 2018. Membro dell’associazione Nessuno Tocchi Caino-Spes contra spem, lo abbiamo incontrato e intervistato proprio al carcere, dove ci accoglie sorridente per presentarci la redazione di Cronisti in Opera. Abbiamo ricevuto l’invito a presentare il SUD Milano, raccontare come lavoriamo e porre le basi per future collaborazioni. Da parte nostra, c’è la curiosità di capire come funziona la redazione così particolare del periodico che Natoli dirige da alcuni anni all’interno del laboratorio Leggere Libera-Mente.
Cronisti in Opera è una testata giornalistica regolarmente registrata, perché?
«Perché è previsto dalla legge: “Nessun periodico può essere pubblicato se non è registrato”. E trovo giusto che sia così. Chi scrive per un giornale, anche in carcere, si deve assumere le proprie responsabilità. Per questo motivo ogni aspirante redattore prima di entrare in… opera è tenuto a seguire un corso base di giornalismo dove impara a scrivere in modo documentato e deontologicamente corretto. Io e la mia collega Giuliana Licini insegniamo loro come scrivere un articolo partendo da un brainstorming sul tema prescelto e procedendo poi con la raccolta dei dati, la definizione della scaletta e quindi con la stesura del pezzo rispettando l’impostazione attacco, parte centrale e conclusione. Naturalmente non tutti e non subito riescono a capire il significato della cassetta degli attrezzi e soprattutto come funziona la sua manutenzione. Ma col tempo ogni redattore impara la lezione».
Fare il giornalista vuol dire essere libero, fare domande, “consumarsi le suole” secondo una retorica un po’ datata. Come riescono a farlo i detenuti della redazione?
«Con le difficoltà connaturate alla detenzione. I redattori di Cronisti in Opera non hanno per ovvii motivi la possibilità di consumare le suole, si muovono negli spazi ristretti e – nei limiti del consentito – facendo quando è il caso domande e interrogandosi sulla realtà che vivono dentro e su quella che è vissuta da chi sta fuori».
Leggendo il Cronisti in Opera si nota, infatti, che la redazione non tratta solo temi che riguardano la detenzione, ma anche ciò che sta fuori dal carcere. Come mai e come scegliete i temi da trattare?
«La scommessa di Cronisti in Opera è quella di far ragionare i redattori sugli argomenti di attualità, economia, politica, cultura, sport. Insomma su tutti quei temi con i quali dovranno confrontarsi una volta tornati in libertà. Riteniamo sia sbagliato rinchiuderli nella realtà che sono costretti a vivere per gli errori compiuti in passato e pensiamo che abbiano il diritto/dovere di occuparsi di quanto avviene nella società cosiddetta civile. Serve anche a questo la rassegna stampa svolta al mattino – con discussione non di rado animata – che precede la definizione del timone con l’assegnazione e l’impostazione degli articoli».
In carcere si può, per esempio, imparare un lavoro o studiare. Cosa può dare di più a un detenuto il “fare giornalismo”?
«Direi la capacità di ragionare in modo critico, di scrivere per farsi capire, di usare il materiale che si ha a disposizione in modo intelligente. Fare giornalismo aiuta insomma a muoversi meglio nella realtà e magari anche a capire perché si è arrivati a sbagliare e come fare per non sbagliare più».
Da direttore, cosa auspichi per il “tuo” giornale?
«Semplicemente che aumenti nei miei redattori diversamente liberi la consapevolezza che – anche in carcere – fare informazione rende liberi: di pensare, scrivere, comunicare, contribuendo così allo sviluppo di una coscienza critica che è poi il fattore fondamentale del progresso di una società».
IL GIORNALE

Trimestrale di informazione dal carcere e sul carcere, Cronisti in Opera è stato registrato in tribunale a inizio 2023. Il primo numero risale al marzo di quell’anno e da allora viene pubblicato regolarmente ogni tre mesi. È diretto da Stefano Natoli (qui in foto) ed è redatto da una ventina di redattori diversamente liberi che frequentano il laboratorio Leggere Libera-Mente della CR di Milano-Opera. Il periodico – che ha una tiratura media di 500 copie – viene distribuito in copia cartacea all’interno del carcere e in versione pdf all’esterno. Viene inoltre spedito via posta agli abbonati ed è anche sfogliabile sul sito: www.leggereliberamente.it