La Carmen di Bizet, libera, tragica ed essenziale, al Carcano fino al 17 ottobre

In scena nell’allestimento di Peter Brook, con la regia di Serena Sinigaglia, i diplomandi del Conservatorio di Milano diretti da Takahiro Maruyama, Dandan Qin (Carmen), Lee Seungho (Don José), Koo Joaho (il torero Escamillo) e Yi Xiang (Micaela)

“Per la ventesima volta ho ieri assistito al capolavoro di Bizet ed ancora l’ho udito con la stessa gentile reverenza”.  Il 27 novembre 1881 il filosofo Friedric Nietzsche assiste per la prima volta al debutto della Carmen di Bizet e ne  rimane entusiasta,  tanto che arrivò a definirla capolavoro perfetto. “Finalmente l’amore come destino, come un destino cinico, innocente, crudele”. (“L’amour est un oiseau rebelle Que nul ne peut apprivoiser”Lamore è come un uccello ribelle, nessuno può addomesticarlo”, è una delle arie più famose della Carmen)

Carmen ha in sé qualcosa di magico. Sarà la bellissima musica di Georges Bizet, saranno le parole di Prosper Mérimée, intrise di sottili significati in questa guerra tra i sessi. Sarà il fascino di questo straordinario personaggio, femminile, forte, anticonformista, attuale, moderno, il suo vivere nell’attimo,  fiera ed orgogliosa della sua libertà e del suo modo di essere, senza esitazioni, senza compromessi, tutti non hanno occhi che per lei, la bella zingara. Ma Carmen non si lascia conquistare da nessuno, l’opera di Bizet si è affermata nei teatri di tutto il mondo come uno dei capolavori assoluti del repertorio lirico.

Carmen ha colpito ancora una volta: perché la “Carmen” è così bella che conquista sempre, anche senza le scene dipinte, anche senza le sigaraie, anche con un semplice abito rosso per la protagonista e una muleta per Escamillo. Anzi: la versione mignon andata in scena al Teatro Carcano che ha aperto la stagione teatrale 2023-24 nel nome dell’eroina della libertà femminile con La tragédie de Carmen di Peter Brook, per la regia di Serena Sinigaglia, invita alla concentrazione, sulla musica e sulle emozioni. «Un’apertura di stagione inedita e significativa perché contiene in sé i principi culturali che perseguiamo e in cui crediamo: centralità dell’universo e dello sguardo femminile, trasversalità assoluta di generi e di forme artistiche, formazione, partecipazione, esercizio e stimolo della libertà di pensiero», racconta Serena Sinigaglia. «Ho avuto l’occasione di dirigere Tragédie de Carmen per il Teatro Comunale di Livorno nell’autunno 2021. Ho sentito il bisogno di riproporlo, anzi, è più preciso dire, ho sentito la necessità di affrontarlo con accresciuta consapevolezza e in una forma completamente nuova nel teatro che dirigo insieme a Lella Costa. Alla sua nascita, ancora a fine ‘800, il Carcano aveva una forte vocazione musicale: Donizetti, Puccini e molti altri portarono le loro opere sulle assi del nostro palcoscenico. Recuperare quelle origini, ci è, dunque, sembrato del tutto naturale».

Il punto di partenza da cui nasce questo allestimento è  il memorabile spettacolo  La Tragédie de Carmen  che Peter Brook allestì a Les Bouffes du Nord di Parigi nel 1981, con l’aiuto dello sceneggiatore Jean-Claude Carrière e con Marius Constant per la trascrizione musicale. Un adattamento (considerata controverso all’epoca), che invece donò al celeberrimo melodramma bizetiano una potenza nuova e totalmente innovatrice. La partitura di Bizet fu drasticamente tagliata; niente cori o scene d’insieme, ma conservando le più famose dell’opera: l’habanera, la seguidilla, Toreador, l’aria delle carte, le fleur, le due arie di Micaela. L’orchestra ridotta a una quindicina di strumenti. Rilievo ai personaggi principali e alle loro passioni.

Così presenta lo spettacolo Serena Sinigaglia: «Puntando programmaticamente su un’azione che è, per citare un passo biblico riferito alla Luna rispetto al Sole, di “rimpicciolimento” e non di “ridimensionamento”, con Brook tornò a vibrare la dimensione asciutta, tragica della storia, rimase il nucleo, profondo, incandescente della drammaturgia teatrale e musicale di Bizet, incentrata su temi universali come l’amore e il tradimento, la libertà e il desiderio, l’ineluttabilità del Destino. Eros e Thanatos si fronteggiano avviluppati. Stilizzata, così, al livello di un dramma antico, la Tragédie de Carmen diventa altra cosa dall’opera di Bizet, eppur talmente vera da collocarsi a pieno diritto tra i grandi miti tragici dell’Occidente. Carmen assurge alla grandezza delle eroine classiche quali Antigone o Medea o Ecuba».

Serena Sinigaglia firma una versione che valorizza a pieno il pensiero teatrale brookiano, e dall’altra compie un ulteriore passo e trasforma l’allestimento in opportunità di formazione e di crescita per i giovani artisti, in collaborazione con il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. L’orchestra, i cantanti, il direttore d’orchestra, i maestri accompagnatori, tutte le figure artistiche sono giovani diplomandi del Conservatorio. «Con la prestigiosa istituzione musicale abbiamo costruito un percorso laboratoriale di avvicinamento che è durato 8 mesi. Per tutte le figure artistiche coinvolte, giovani diplomandi, alla prima esperienza con il grande pubblico”. Straordinario finale: la musica si fa volutamente disarmonica ed inquieta, furiosamente concentrata in un ritmo drammatico martellante che preannuncia il tragico epilogo: violento e ineluttabile. E, sul ritmo, scandito da un tamburo in sordina, Carmen (che nel frattempo ha dato il suo amore al torero Escamillo), viene pugnalata da Don Josè, incapace di accettare la fine del loro amore (prima eroina dell’opera lirica ad essere assassinata sulla scena).

Carmen resterà la donna indipendente e libera. “Jamais Carmen ne cédera, libre elle est née et libre elle mourra”, (Carmen non cederà mai, è nata libera e libera morirà”). Carmen resta fedele a se stessa fino all’ultimo). Applausi meritatissimi. Una menzione speciale per la coreana Dandan Qin (Carmen), Lee Seungho (Don José), Koo Joaho (il torero Escamillo) e Yi Xiang (Micaela).  E alla fine, guidato dal direttore il giapponese Takahiro Maruyama, anche il pubblico partecipa al bis. Con il celebre Preludio al primo atto: brillante, vivace a e risoluto. Un inno spumeggiante al desiderio, all’amore. Alla libertà. Si va in scena fino a martedì 17 ottobre.

Foto di Serena Serrani.

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