Sul manifesto che promuove la mostra fotografica di Frank Horvat al museo Jeu de Paume di Parigi, sopra l’immagine di una donna che ti guarda sorridente, si leggono le scritte: “Sans justice pas de paix possible” (Senza la giustizia nessuna pace è possibile) e un disegno raffigura un poliziotto con il manganello e uno che spara “pan pan” e la scritta “Colère et violence legitime” (Rabbia e violenza legittime). Sono i resti ancora visibili degli scontri dei giorni scorsi, arrivati fino al cuore della capitale in Place de La Concorde, la risposta di molti giovani manifestanti dopo che un poliziotto ha sparato e ucciso un giovane francese di 17 anni, Nahel M, il 27 giugno a Nanterre, comune alla periferia ovest di Parigi. Ma la città riprende i suoi ritmi, come se niente fosse successo; i turisti sono tornati nei musei e i residenti nel parco dei divertimenti del giardino delle Tuileries e si avvicinano i festeggiamenti per il 14 luglio, la festa nazionale. Tra i ragazzi delle periferie resta però un’amara consapevolezza; Mohammed di Clichy racconta al sito francese Mediapart “potevo essere io, poteva essere il mio fratellino”. E sappiamo che le periferie di Parigi non sono poi lontane anni luce dalle nostre. Pensiamoci.